Il progetto “Thomas est amoureux??? nasce nel 1995, anno in cui
Internet è ancora una risorsa costosa, graficamente poco evoluta, a
disposizione di pochi. Ancor meno diffuso è il telefono cellulare. La
videofonia, poi, è pura fantascienza... Passano diversi anni prima di
realizzarlo, anni in cui lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione
è sorprendente: siamo nel 2000 e la critica accoglie il film
come un divertissement a mala pena interessante e tutt’altro che
originale. Oggi, a pochi anni dalla sua uscita, il “Thomas in Love???
appare già datato nella grafica e nell’estetica, a tratti superficiale
o semplicistico, nonostante lasci dietro di sè una scia di dubbi e
suggestioni.
Con l’escamotage della malattia di Thomas, il regista ci presenta
un punto di vista univoco, voyeuristico, su un mondo virtuale,
intessuto di simboli e superstizioni, i cui abitanti sono costruzioni
da smembrare e scoprire. Quello di Thomas è un viaggio virtuale
attraverso una società individualista ed autoreferenziale, dedita
allo sviluppo ed alla promozione dell’ego, capace di affrontare una
vasta gamma di forme di intimità fisica, ma anche di affidare al
calcolo di una macchina la propria vita sentimentale.
In questo universo di immagini e suoni, Thomas inconsapevolmente
cerca l’Amore, l’unico sentimento in grado di farlo uscire dalla sua
prigione, l’unica persona per la quale valga la pena di condividere
se stesso. Un semplice climax ci porta dalla matematica carnalità
di Claire, ove il concetto di rapporto interpresonale non viene
neanche preso in considerazione, al platonico incontro con Eva,
prima goccia di sincerità, in grado di lacerare il velo di Maya e
svelare, un dettaglio per volta, immagini nude, realistiche, liberate
da ogni trucco.
Inizia così a svelarsi il gioco delle parti e chi è sano, in realtà,
sembra barattare la propria consapevolezza per una libertà di
forma, mentre un “Grande Fratello??? fin troppo attuale controlla
indisturbato la vita di ognuno.
Su tutto regna la voce di Thomas, particolarmente apprezzabile
nella versione originale per la vasta gamma di toni espressi, in
grado di evocare l’immagine di una persona mai inquadrata e di
lasciare l’agorafobia del protagonista in un limbo dubbioso.
Il procedimento di realizzazione del film, interamente girato in
digitale con macchine di differente risoluzione, ha visto concludere
le riprese in 5 settimane, includendo lunghe prove di tipo teatrale
per approfondire la credibilità dei personaggi. Le scene sono state
girate in uno studio televisivo, in cui è stato possibile ricostruire
la particolare situazione di isolamento comunicativo del protagonista.
Sorprendentemente lungo è stato invece il lavoro di postproduzione,
in cui è stato possibile sperimentare per nove mesi le
infinite possibilità di variazione dell’immagine digitale.
Valeria Cicerone